Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  nei  cui  uffici
domicilia in Roma dei Portoghesi, 12; 
    Contro la Regione Piemonte, in persona del Presidente in  carica,
per 1'impugnazione della legge regionale del Piemonte  n.  11  del  7
aprile  2009,  pubblicata  nel  Bollettino  ufficiale  della  Regione
Piemonte n. 15 del 16 aprile 2009, recante «Tutela, valorizzazione  e
promozione del patrimonio linguistico del Piemonte», nell'articolo 1,
commi 1 e 3, nell'articolo 2, comma  2,  lettera  c)  e  lettera  g),
nell'articolo 3, comma 5 e nell'articolo 4. 
    La legge regionale del Piemonte n. 11 del 2009 e'  stata  emanata
con la dichiarata finalita' di  tutelare  e  valorizzare  «la  lingua
piemontese,  l'originale  patrimonio  culturale  e  linguistico   del
Piemonte, nonche' quello delle minoranze occitana, franco-provenzale,
francese e walzer, promuovendone la conoscenza» (art. 1). 
    L'art. 1 della citata legge regionale cosi' recita: 
        «1. La Regione, nello spirito degli articoli 3, 6 e  9  della
Costituzione ed in attuazione degli articoli 4  e  7  dello  statuto,
tutela e  valorizza  la  lingua  piemontese,  l'originale  patrimonio
culturale e linguistico del Piemonte, nonche' quello delle  minoranze
occitana, franco-provenzale,  francese  e  walser,  promuovendone  la
conoscenza. 
        2.  La  Regione  considera  tale  impegno  parte   integrante
dell'azione di tutela e valorizzazione della storia e  della  cultura
regionale e lo  conforma  ai  principi  della  pari  dignita'  e  del
pluralismo linguistico sanciti dalla Costituzione, nonche'  a  quelli
che  sono  alla  base  degli  Atti  internazionali  in  materia,   in
particolare della Carta europea delle lingue regionali o  minoritarie
del 5 novembre 1992,  e  della  Convenzione  quadro  europea  per  la
protezione delle minoranze nazionali del 1° febbraio 1995. 
        3.  La  regione   si   attiene   alle   procedure   delineate
dall'articolo 3 della legge  15  dicembre  1999,  n.  482  (Norme  in
materia   di   tutela   delle   minoranze   linguistiche   storiche),
relativamente agli ambiti territoriali.». 
    L'art. 2 della legge regionale e' cosi' formulato: 
        «1  .  Per  il  raggiungimento   delle   finalita'   di   cui
all'articolo 1  la  Regione,  nell'ambito  delle  proprie  competenze
legislative ed amministrative e nel rispetto del riparto di  funzioni
definito dagli articoli 124, 126  e  127  della  legge  regionale  26
aprile 2000, n.  44  (Disposizioni  normative  per  l'attuazione  del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 "Conferimento di funzioni e
compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti  locali,
in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997,  n.  59"),  cosi'
come introdotti dall'articolo 10 della legge regionale 15 marzo 2001,
n. 5, realizza interventi diretti e promuove azioni  di  sostegno  ad
autonome e specifiche  iniziative  condotte  dagli  enti  locali,  da
istituzioni, organismi  ed  associazioni  che  svolgono  un'attivita'
qualificata e continuativa a livello locale e che dispongono  di  una
organizzazione adeguata. 
        2. In attuazione dei principi di cui al comma 1 si prevedono: 
          a) la conservazione e la  valorizzazione  delle  tradizioni
storico-linguistiche, con particolare riguardo alla toponomastica, al
patrimonio artistico ed architettonico,  alla  vita  religiosa,  alle
usanze e ai costumi, all'ambiente naturale ed antropizzato; 
          b)  il  consolidamento  e  lo  sviluppo   delle   attivita'
economiche  e  produttive  importanti   per   la   permanenza   delle
popolazioni  nei  luoghi  d'origine,   ai   fini   del   mantenimento
dell'identita' linguistica e culturale delle rispettive comunita'; 
          c)  la  facolta',  per  gli  enti  locali,  di   introdurre
progressivamente, accanto alla lingua italiana, l'uso delle lingue di
cui   all'articolo   1   nei   propri    uffici    ed    in    quelli
dell'amministrazione regionale presenti sul territorio; 
          d) la promozione dell'insegnamento della lingua piemontese,
dell'originale patrimonio linguistico  e  culturale  del  Piemonte  e
delle minoranze linguistiche di cui all'articolo 1, anche  attraverso
corsi di formazione e di  aggiornamento  per  gli  insegnanti,  ferma
restando l'autonomia delle istituzioni scolastiche; 
          e) l'incremento, anche attraverso forme  di  collaborazione
con  associazioni  e  istituti  culturali   e   universitari,   delle
iniziative di studio, ricerca e documentazione; 
          f) il sostegno a forme di'  collaborazione  e  scambio  con
altre  popolazioni  appartenenti  allo  stesso  ceppo  linguistico  e
parlanti la stessa lingua in modo identico o simile,  presenti  anche
al di fuori del territorio della Repubblica; 
          g) la promozione e l'attuazione, d'intesa con le  emittenti
pubbliche e private, di trasmissioni culturali in piemontese e  nelle
lingue minoritarie di cui all'articolo 1; 
          h)  il  sostegno  alla   rete   informatica   destinata   a
raccogliere le banche dati realizzate con il  concorso  di  uffici  e
sportelli linguistici, garantendo la  loro  fruizione  da  parte  del
pubblico; 
          i) l'istituzione, da parte della Giunta regionale, di borse
di studio per tesi  di  laurea  relative  alla  lingua  piemontese  e
all'originale patrimonio linguistico e culturale del Piemonte e delle
minoranze di cui all'articolo 1.». 
    L'art. 3 della legge regionale in esame recita: 
        «1.  La  regione  eroga  contributi  ai  comuni  singoli   od
associati per ricerche  finalizzate  all'eventuale  ripristino  delle
proprie denominazioni storiche. 
        2. Le  richieste  di  contributo  di  cui  al  comma  1  sono
sottoposte  al  preventivo  parere  obbligatorio   di   un   Comitato
scientifico composto da: 
          a) l'Assessore regionale competente in materia di  cultura,
o suo rappresentante, con funzione di Presidente; 
          b)  due  esperti  universitari  in   materie   linguistiche
individuati dalla Giunta regionale previo  parere  della  Commissione
consiliare competente; 
          c)  due  esperti  universitari   in   materie   geografiche
individuati dalla Giunta regionale previo  parere  della  Commissione
consiliare competente. 
        3.  Possono  far   parte   del   Comitato   scientifico,   su
designazione dei rispettivi enti, i seguenti soggetti: 
          a)  due  docenti  universitari  in  materie   linguistiche,
individuati previo parere della Commissione consiliare competente; 
          b)  due  docenti  universitari  in   materie   geografiche,
individuati previo parere della Commissione consiliare competente; 
          c)  un  esperto  di  storia  regionale  della   Deputazione
subalpina di storia patria; 
          d)  un  rappresentante  della  Soprintendenza  per  i  beni
architettonici e per il paesaggio del Piemonte. 
        4. I membri  del  Comitato  sono  nominati  con  decreto  del
Presidente della Giunta regionale, rimangono in carica per la  durata
della  legislatura  e  comunque  fino  al  rinnovo  dell'organismo  e
prestano la loro opera a titolo gratuito. 
        5. Su istanza dei comuni interessati e  previa  deliberazione
dei  rispettivi  consigli  comunali,  la   regione,   in   attuazione
dell'articolo 133, ultimo comma della  Costituzione,  puo'  disporre,
con le procedure e le modalita' previste dall'articolo 6 della  legge
regionale  2  dicembre  1992,  n.  51  (Disposizioni  in  materia  di
circoscrizioni comunali, unione e fusione di  comuni,  circoscrizioni
provinciali), cosi' come da ultimo modificato dall'articolo  8  della
legge  regionale  26  marzo  2009,  n.  10,   il   ripristino   delle
denominazioni storiche dei comuni.». 
    L'articolo 4 dispone infine: 
        «1.  La  regione   promuove   e   sostiene   indagini   sulla
toponomastica locale e contribuisce  alle  iniziative  in  tal  senso
promosse dai comuni singoli od associati. 
        2. Per l'apposizione dei segnali stradali  di  localizzazione
territoriale che utilizzino idiomi locali storicamente presenti nella
zona di riferimento, in  aggiunta  alla  denominazione  nella  lingua
italiana, la Regione eroga ai comuni un contributo in conto  capitale
a fondo perduto. 
        3. I soggetti di cui al comma 1 chiedono la  concessione  del
contributo  finanziario  all'assessorato  competente  in  materia  di
cultura previa presentazione di  un'istanza  corredata  dai  seguenti
atti: 
          a) delibera del Consiglio comunale relativa all'apposizione
della segnaletica; 
          b) documentazione comprovante l'avvenuta  realizzazione  ed
apposizione dei cartelli in idioma locale storicamente presente; 
          c) atto di liquidazione della spesa sostenuta. 
        4. Il contributo finanziario di cui al comma 2 e' determinato
sulla base della spesa liquidata fino  alla  totale  copertura  della
stessa qualora la cifra non ecceda i 2.500 euro  e  fino  al  50  per
cento della medesima per la parte eccedente, fino ad  un  massimo  di
5.000 euro di spesa complessiva.». 
    La legge regionale e' illegittima nell'articolo 1, commi 1  e  3,
nell'articolo 2, comma 2, lettera c) e lettera g),  nell'articolo  3,
comma 5 e nell'articolo 4 per i seguenti 
                             M o t i v i 
Violazione dell'articolo 6 della Costituzione. 
    L'art. 1, comma 1, che attribuisce al  piemontese  il  valore  di
«lingua piemontese», non solo a fini culturali, come gia' previsto da
altre leggi regionali (1.r. Lombardia n. 27/2008, l.r. Emilia-Romagna
n.  45/1994,  l.r.  Veneto  n.  8/2007),  bensi'  anche  al  fine  di
parificarla alle  lingue  minoritarie  «occitana,  franco-provenzale,
francese e walzer», e  poterle  conferire,  con  gli  articoli  sopra
indicati,  il  medesimo  tipo  di  tutela,  eccede  dalla  competenza
regionale. 
    Essa viola l'art. 6,  Cost.  (secondo  il  quale  «La  Repubblica
tutela con apposite norme le minoranze linguistiche») nell'attuazione
e nell'interpretazione ad esso data rispettivamente  dalla  legge  n.
482/1999 e dalla giurisprudenza costituzionale. 
    In particolare tale norma regionale contrasta con l'art. 2  della
legge 15 dicembre 1999, n.  482  («Norme  a  tutela  delle  minoranze
linguistiche e storiche») che, «in attuazione dell'articolo  6  della
Costituzione», stabilisce il numero e il tipo di  lingue  minoritarie
da tutelare, prevedendo che «la Repubblica  tutela  la  lingua  e  la
cultura delle popolazioni  albanesi,  catalane,  germaniche,  greche,
slovene  e  croate   e   di   quelle   parlanti   il   francese,   il
franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo»,  e
non ricomprende quindi tra le lingue ritenute meritevoli di tutela la
lingua piemontese. 
    Essa contrasta inoltre con la giurisprudenza costituzionale,  che
pone in  capo  al  legislatore  statale  la  titolarita'  del  potere
d'individuazione delle lingue minoritarie protette,  delle  modalita'
di determinazione degli  elementi  identificativi  di  una  minoranza
linguistica da tutelare, nonche' degli  istituti  che  caratterizzano
questa tutela. 
    Codesta   ecc.ma   Corte   costituzionale   si   e'   pronunciata
recentemente su  tale  materia,  e  ha  affermato,  con  sentenza  n.
159/2009,  che  «l'attuazione  in  via  di   legislazione   ordinaria
dell'art. 6 Cost. in tema  di  tutela  delle  minoranze  linguistiche
genera un modello di riparto delle competenze fra Stato e regioni che
non corrisponde alle ben note categorie previste per tutte  le  altre
materie nel Titolo V della  seconda  parte  della  Costituzione,  sia
prima che dopo la riforma costituzionale del 2001. 
    Infatti, il legislatore statale appare  titolare  di  un  proprio
potere di individuazione delle  lingue  minoritarie  protette,  delle
modalita' di determinazione  degli  elementi  identificativi  di  una
minoranza  linguistica  da  tutelare,  nonche'  degli  istituti   che
caratterizzano   questa   tutela,   frutto   di   un    indefettibile
bilanciamento con gli altri legittimi interessi coinvolti  ed  almeno
potenzialmente confliggenti (si pensi a coloro che non parlano o  non
comprendono la lingua protetta o a coloro che devono subire gli oneri
organizzativi conseguenti alle speciali tutele). E  cio'  al  di  la'
della ineludibile tutela della lingua italiana». 
    In proposito codesta ecc.ma Corte aveva del resto gia'  affermato
che il legislatore statale «dispone in realta' di un  proprio  potere
di doveroso apprezzamento in materia, dovendosi necessariamente tener
conto delle conseguenze che, per i diritti degli altri  soggetti  non
appartenenti  alla  minoranza  linguistica  protetta  e   sul   piano
organizzativo dei pubblici poteri - sul  piano  quindi  della  stessa
operativita' concreta della protezione -  derivano  dalla  disciplina
speciale  dettata  in  attuazione  dell'art.  6  della  Costituzione»
(sentenza n. 406/1999). 
    Nella menzionata sentenza n. 159/2009 si e' ritenuto che la legge
n. 482/1999 costituisca il quadro di riferimento  per  la  disciplina
delle lingue minoritarie, e non sia modificabile ne' da  parte  delle
regioni ordinarie, ne' da parte delle  regioni  a  statuto  speciale,
salvo che per  queste  ultime  le  norme  derogatorie  alla  suddetta
disciplina statale siano introdotte, in  attuazione  di  disposizioni
statutarie, con le  norme  di  attuazione  dello  Statuto,  e  quindi
promanino,  seppure  a  seguito  di  un  procedimento  di  emanazione
atipico, dal legislatore statale. 
    Dal momento dunque che per la  ormai  consolidata  giurisprudenza
costituzionale il legislatore  statale  e'  titolare  del  potere  di
individuazione delle lingue minoritarie protette, emerge in tutta  la
sua evidenza la illegittimita' costituzionale della  legge  regionale
del Piemonte n. 11 del 2009, in primo luogo nel suo articolo 1, comma
1, laddove  individua  una  nuova  lingua  minoritaria  protetta  (il
piemontese) oltre a quelle tassativamente stabilite  dalla  legge  n.
482/1999. 
    Sono   conseguentemente   incostituzionali   anche    le    altre
disposizioni contenute nella legge  regionale  in  esame,  in  quanto
volte ad attribuire alla «lingua piemontese» lo stesso tipo di tutela
riservato alle lingue minoritarie della legge n. 482/1999. 
    Si tratta in particolare delle seguenti disposizioni: 
        a) l'articolo 1, comma 3, nella  parte  in  cui  rinvia  alle
procedure delineate dalla legge  n.  482/1999  per  la  delimitazione
territoriale dell'ambito di tutela (anche) della  lingua  piemontese,
riferendosi cosi' a una lingua esclusa da tutela, e contrastando, per
tale aspetto, con l'art. 3 di tale legge statale che  circoscrive  la
delimitazione degli ambiti alle sole lingue individuate  nell'art.  2
della legge stessa; 
        b) l'articolo 2, comma  2,  lett.  c),  nella  parte  in  cui
prevede   la   facolta'   per   gli   enti   locali   di   introdurre
progressivamente accanto alla lingua  italiana  l'uso  (anche)  della
lingua piemontese  negli  uffici  degli  enti  locali  ed  in  quelli
dell'amministrazione regionale presenti  sul  territorio,  in  quanto
viola cosi' l'art. 9, legge n. 482/1999, che consente tale  uso  solo
alle lingue minoritarie individuate dall'art. 2 della stessa legge; 
        c)  l'articolo  2,  comma  2,  lett.  g),  dal  momento  che,
disponendo «l'attuazione di intesa  con  le  emittenti  pubbliche  di
trasmissioni culturali in piemontese», contrasta con l'art. 12  della
legge  n.  482/1999,  che  consente  «convenzioni  con  la   societa'
concessionaria del servizio pubblico  radiotelevisivo»  per  le  sole
lingue minoritarie ammesse a tutela dall'art. 2, legge n. 482/1999; 
        d)  l'articolo  3,  comma  5,  e  l'articolo  4,   prevedendo
rispettivamente;  il  ripristino  delle  denominazioni  storiche  dei
comuni  e  l'apposizione  di  segnali  stradali   di   localizzazione
territoriale  che  utilizzino  idiomi   locali   in   aggiunta   alla
denominazione in lingua italiana, in quanto  cosi'  riconoscono  tale
forma di tutela anche alla lingua piemontese e  contrastano  pertanto
con l'art. 10, legge  n.  482/1999,  che  consente  la  toponomastica
bilingue  alle  sole  lingue  e  nei   soli   territori   individuati
rispettivamente dagli artt. 2 e 3, legge n. 482/1999.